lunedì 27 giugno 2011

Coltivare le Dee - Artemide

Sembrerò fissata ma io ogni tanto vado a rileggermi "Le dee dentro la donna" (e di conseguenza spulcio anche "Gli dei dentro l'uomo" e a ruota "Tipi psicologici") un libro (un trittico indissolubile) che SEMPRE SEMPRE SEMPRE mi attiva. Questa volta ci ho passato un intero sabato, il tempo vola quando sei immersa e concentrata in qualcosa che ti appassiona. Il motivo per cui sono tornata a rileggerli è perché ho in mente una bozza di profilo che mi serve per capire a che punto sono del mio percorso. E cosa mi serve ora per dare un ulteriore giro di vite al cambiamento.

Capire, in maniera viscerale, quello che si è. Avere una epifania sul risultato più vicino alla completezza di quello che saremo. E ci si puo' arrivare avendo chiaro cosa si è stati, limiti e forze, e richiamando a galla quelle forze che ci sono state utili in passato. Io so che a questo punto della mia vita devo richiamare ad essere più presente in me Artemide. Ho bisogno della sua concentrazione e mira infallibile, della tensione verso l'obiettivo e della sua determinazione e capacità a non farsi distrarre. Di Artemide devo recuperare anche quella passionalità che in Athena manca. Entrambe queste dee sono state fortemente determinanti nella mia infanzia e adolescenza. Poi l'archetipo Artemide...si è perso...si è rintanato in fondo in fondo, invisibile. Ma la dea della caccia è sempre presente. Proprio come la dea aveva la capacità di scomparire improvvisamente e riapparire così è bastato quel sabato di lettera e studio (tipico approccio Athena) a farla riapparire in me. Il giorno dopo, se ne è stata buona buona, silenziosa, per quasi tutto il tempo di una gita in montagna. Ma il contatto con la natura, la dimensione aerea del viaggio, sono alimento per la dea. E poi SBAM!

Davanti ad un torrente dove tutti erano stesi a prendere il sole, io ho recuperato il mio costume dalla borsa della piscina che ho sempre nel baule della macchina e velocemente mi sono cambiata. Sono entrata nell'acqua freddissima, sotto lo sguardo attonito di tutti. Un tuffo e per un attimo sono MORTA. Niente più aria in me, nessuna funzione atta a respirare. Tutto fermo. Con la bocca spalancata, in assenza di respiro, ho nuotato verso la riva. Anzi no, il mio corpo è stato nuotato verso la riva, perché io di certo non ne avevo la percezione ne tantomeno il controllo. Per tre volte ho ripetuto questa piccola morte, morendo sempre un po' di meno.
Dopo questi shock me ne sono stata immersa, nuotando tranquilla, completamente unita all'acqua del torrente. Ho sentito rinascere in me Artemide e ho capito che non mi aveva mai lasciato. Invisibile ha sempre palesato la sua forte presenza in me, quando guido godendo della macchina e della velocità, quando determino la mia vita in maniera audace e improvvisa, seguendo solo l'impulso, quando mi incapriccio e agisco per togliermi immediatamente il capriccio. Quando in solitudine non mi sento sola.
Adesso so che è stata sempre in me. Forte. E ho iniziato il processo di risveglio. Lei mi aiuterà a partorire me stessa.
In uno dei suoi aspetti Artemide era una ninfa e governava su tutte le ninfe, una forza elementare il cui regno erano i boschi, nei quali vige un ordine tanto diverso da quello umano da apparire a noi come informe e libero; ma questa libertà è quella della completa obbedienza all'istinto, che gli animali possiedono ancora, a differenza degli esseri umani. Sotto questo aspetto Artemide era la 'Signora della Selvaggina', la forza dell'istinto che assicura, attraverso la morte degli individui, la sopravvivenza della specie.
Come Signora degli animali, era per i Greci l'invisibile guardiana degli animali selvatici, colei che uccideva con le sue frecce acuminate chiunque desse la caccia a bestie gravide o a cuccioli. Un altro istinto su cui vegliava era quello della riproduzione, nelle sue manifestazioni del sesso e del parto; essa seguitò a essere la protettrice delle partorienti anche nella leggenda più tarda; quando la sua importanza come dea era ormai oscurata da quella degli dei maschi, il mito descriveva ancora Artemide come la gemella (nata prima) del sole (che in origine non era considerato suo fratello), la quale avrebbe fatto da levatrice durante la nascita di quest'ultimo. Artemide era la forza della creazione, colei che le madri greche invocavano quando le doglie del parto avevano inizio, trovando un sollievo nella credenza che essa le assistesse durante il travaglio così come faceva per qualsiasi femmina animale in procinto di partorire.
Dea più adorata della Grecia, Artemide era onorata con rituali molto popolari, anche se vari, così come vari erano gli aspettti della dea stessa. A Efeso, nel suo ricco tempio, Artemide era servita da sacerdotesse caste, che prendevano il nome di Melisse, o api, e da sacerdoti eunuchi. A Sparta era Korythalia, venerata con danze orgiastiche. Le Amazzoni adoravano la madre della guerra, Astateia, con una danza circolare durante la quale percuotevano gli scudi e battevano il suolo con i piedi ricoperti da calzari atti alla guerra. Sembra, però, che le feste più popolari in onore di Artemide fossero quelle celebrate durante le notti di luna piena, in cui i fedeli si radunavano nel bosco sacro alla Dea e si abbandonavano al suo potere, facendo baldoria e accoppiandosi senza conoscersi. La dea preferita della Grecia era dunque la personificazione della legge naturale, una legge così diversa da quelle della società, tanto più antica, forse destinata a durare eternamente.

Quale Dea della caccia e della Luna, Artemide è la personificazione dello spirito femminile indipendente.
Ella rientra nella categoria delle Dee vergini che, a differenza di altre, non fu mai rapita o abusata e rappresenta un senso di integrità, di completezza, il cui valore non dipende da "con chi" essa sta, ma da ciò che essa "è" e "sa fare".
La sua abilità di arciera fa di lei l'archetipo di un femminile che si pone un obiettivo e senza indugi lo raggiunge, dunque rappresenta la capacità di realizzare i propri progetti, una volta messi a fuoco.
Per quanto competitiva, Artemide non vede nelle altre donne delle rivali, bensì delle sorelle. Infatti corre per i luoghi selvaggi sempre accompagnata dalle sue ninfe, divinità minori dei boschi, delle montagne e dei ruscelli. Per altro si arrabbia tantissimo e si attiva per difendere le altre donne, quando queste sono in pericolo. Si tratta dunque di un femminile che prova un senso di solidarietà con le altre donne, la cui compagnia considera irrinunciabile e i cui diritti difende a spada tratta. Per questa ragione è stata presa quale simbolo da molti movimenti femministi.
Nei confronti degli uomini ha un atteggiamento cameratesco, ma senz'altro non cade preda di innamoramenti e fascinazioni. Il gemello Apollo, dio del sole, può essere visto come la sua controparte maschile: lui il sole, lei la luna.
Il suo amore per la natura selvaggia, per i luoghi incontaminati e gli animali liberi fanno di lei anche un modello di donna ecologista, impegnata nella lotta per la salvaguardia dell'ambiente.

L'archetipo Artemide non coincide con un tipo di donna che si realizza nella maternità, bensì rappresenta un genere femminile che "si basta" e che trova la sua soddisfazione nell'essere pienamente sè stessa, libera e autosufficiente, nel lottare per ciò in cui crede e nel contatto con la natura, che rappresenta la parte più selvaggia di noi.
Tuttavia, avendo aiutato la madre a mettere al mondo suo fratello, è considerata Dea del parto e protettrice delle partorienti, che la chiamano in suo aiuto nel momento del bisogno.
Viene infatti anche rappresentata come Dea dalle cento mammelle, rappresentazione dell'Artemide Efesia.

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