domenica 22 aprile 2012

Il Tunnel al Polo, la Grotta, il Ragazzo Caucasico


Domenica 22 aprile 2012 - Mi trovo al Polo Nord, non ricordo come ci sono arrivata, ma dalle valigie e i corpi sparsi sotto la tormenta di neve, deduco che c'e' stato un disastro aereo. Recupero la mia valigia samsonite gialla e inizio a scavare. Sono sottoterra ora, sopra di me sento ancora il rumore del vento nonostante lo strato di terra e di ghiaccio che mi separa dalla superficie. Sotto il Polo Nord c'e' una rete di cunicoli, non so chi li ha scavati, sono un labirinto. Ho la consapevolezza che non mi troveranno mai, perche' i primi due mesi li ho passati fuori nutrendomi di neve e non e' passato mai nessuno. Ragiono e penso che il solo tunnel giusto, che mi portera' in salvo, e' quello con la pendenza in discesa. Mi incammino, trascinandomi dietro la mia valigia gialla e K. che non da segni di vita, ma non posso mica lasciarlo li. Cammino per giorni, all'inizio continuo a cibarmi di neve, e' l'unica cosa commestibile che trovo, poi piccole radici secche mi fanno capire che sono sulla strada giusta. Ogni tanto faccio un buco per guardare fuori, il paesaggio e' ancora bianco. Bianco...bianco... bianco... Ora trovo radici piu' carnose, sembrano radici di piantine vive, riprovo a sbucare fuori e sono su una montagna, li sotto inizia il bosco. Esco. Camminare nel bosco in discesa e' piu' difficile, per un attimo penso che ho fatto male ad uscire dal cunicolo, che comunque, per la via sotterranea sarei arrivata lo stesso ad incontrare il primo paese abitato. Scorgo delle case, dai tetti salgono volute di fumo di camino. Lascio andare il corpo di K. lo troveranno e qualcuno ci pensera', nell'altra mano stringo il cordino a cui e' legata la valigia, passo davanti a un vetro, il riflesso che rimanda di me non sembro io, pensavo di essere ancora uguale, ma dal vetro mi guarda una ragazza pelle e ossa, le guance scavate, gli occhi due orbite nere. Penso che per forza, ho potuto nutrirmi solo di neve per mesi e poi di radici secche...
Mi sveglio. Mi riaddormento. E' passato qualche mese e sono tornata quasi normale. Vivo ora in una citta'. Cammino sempre, sono stanca. Mi siedo ai bordi di una strada trafficata e mi si avvicina un gruppo di ragazzi e ragazze. Uno di questi mi chiede se voglio che mi faccia una pedicure. Accetto. Andiamo nel suo studio che e' ricavato nella cantina della casa dei genitori. Mi siedo ad un tavolo ingombro di strumenti meccanici, mentre chiacchiero con la sorella, il ragazzo si mette in grembo il mio piede ed inizia a lavorare. Ogni tanto sento male e lo inarco, allora lui me lo blocca legandolo ad un bastoncino di legno che lo tiene in posizione. Guardo il mio piede bianchissimo appoggiato alle sue cosce, indossa dei jeans chiari, ci guardiamo, e' molto magro, esile, ha pelle chiarissima capelli biondi ma occhi verdi, caucasico. Prende il mio piede e se lo avvicina all'inguine, capisco immediatamente perche' fa questo lavoro, il contatto con il mio piede ha smosso qualcosa. La sorella cerca di distrarmi, vuole farmi parlare, ha un modo di fare che non mi convince, e' tutto permeato da un'aria truffaldina. Mi volto verso il ragazzo che sta finendo il secondo piede e noto che mi ha messo uno smalto cangiante color lilla', gli dico che lo volevo rosso e lui risponde che quello puo' fare anche da base, sopra ci metteremo il colore che voglio. Pago e dentro di me so gia' che non tornero' piu' qui a farmi fare i piedi. Un po' mi dispiace, vorrei dare consigli su come tenere l'ambiente per renderlo piu' adatto...il ragazzo sta armeggiando con dei vecchissimi televisori, dalle profondita' di uno tira fuori una cassetta e me la porge, e' il filmato ripreso mentre si dedicava ai miei piedi. Si alza e mi segue, io saluto la sorella e le dico di utilizzare le immagini per publicizzare su internet. Siamo fuori, cammino con i piedi nudi infilati in due ciabattine infradito, il sole caldo scalda la pelle bianca, lo smalto manda riflessi multicolori ad ogni movimento, noto che lo ha abbinato alla maglietta che indosso. Passiamo vicino ad una fontana ai piedi di una gradinata di marmo grigio. Il ragazzo non parla molto, ma non e' imbarazzante stare in silenzio con lui. La luce e' di quella primaverile un po' fredda, la citta' e' austera. Entriamo in un sottopassaggio e davanti a me si snoda uno svincolo complesso di strade. Mi vengono in mente le Grotte di Postumia, glielo dico, lui non le conosce, e mentre gli racconto di queste grotte naturali sotto le quali ci sta anche una chiesa, che sono formate da stalattiti e stalagmiti, il ragazzo mi guarda fisso, mi prende le mani e se le avvicina al grembo. So che mi sta per baciare. Mi sveglio.

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